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Unione Accademica Nazionale * Università di Roma La Sapienza * Istituto Patristico Augustinianum

CMCL
Corpus dei Manoscritti Copti Letterari

Storia della letteratura copta


Periodo di Teodosio


Poniamo sotto il nome del patriarca Teodosio, che riteniamo la figura più rappresentativa del primo periodo post-calcedonense (tanto che i «copti-ortodossi» vennero anche chiamati «teodosiani») il secolo che va dal concilio di Calcedonia (451) all'ascesa al trono di Damiano (578).

La scissione dogmatica e gerarchica avvenuta in seguito al concilio di Calcedonia (451. V. la parte sulla storia...) ebbe naturalmente anche conseguenze di carattere culturale, che porteranno al distacco sempre più accentuato della tradizione letteraria in lingua copta da quella greca di tipo internazionale.

Tuttavia gli effetti della scissione, in campo culturale, non furono immediati; essi cominciarono a prendere consistenza verso l'inizio del VI secolo, quando le vicende seguite all'esilio di Teodosio di Alessandria fecero cessare le speranze, non tanto di un riavvicinamento fra i patriarcati calcedonensi e anti-calcedonensi (non fu questo il problema principale), quanto della possibilità che si svolgesse in Egitto una normale vita ecclesiastica, mantenendo convinzioni dogmatiche e gerarchie diverse da quelle approvate ufficialmente dalla sede imperiale.

È questo, probabilmente, il momento in cui il greco cominciò ad essere sentito come lingua degli oppressori, e la cultura greca patristica guardata con sospetto, come veicolo di dogmi e di notizie storiche fallaci ed ingannevoli. Si cominciò ora, noi crediamo, a sentire la necessità di costruire una cultura storica e spirituale (la teologia vera e propria rimaneva un campo tutto speciale) tipicamente egiziana (copta), in opposizione a quella appoggiata dal governo centrale dell'impero bizantino.

Non crediamo però che la questione formale della lingua sia stata subito quella centrale; si tratta invece a mio modo di vedere di un processo storico naturale, per cui la volontà di differenziazione rispetto a quanto veniva da Costantinopoli ha portato prima alla chiusura rispetto alle novità, alle eventuali nuove opere che giungessero in greco in Egitto, e poi alla lingua greca stessa. Questo processo riguarda gli aspetti più specificamente letterari dell'uso delle due lingue, perchá non solo le questioni amministrative che riguardavano la magistratura bizantina, ma certo anche le questioni ecclesiastiche con le altre Chiese anti-calcedonensi (prima fra tutte quella di Siria), continuarono a svolgersi in greco. Dal punto di vista letterario la scelta dipese probabilmente non da ragioni culturali, ma geografiche. Le opere concepite nell'ambito di Alessandria (e delle comunità che più direttamente gravitavano intorno ad essa) saranno state redatte in greco; quelle concepite nell'ambito dell'Alto Egitto, in copto.

Per tutti questi motivi è impossibile raggiungere un sufficiente margine di certezza nello stabilire la lingua originale delle opere di cui tratteremo in questo capitolo, quando non sia noto l'eventuale esemplare greco da cui siano state tradotte. Noi pensiamo tuttavia che la scelta della lingua sia stata in certo modo secondaria e dettata volta per volta da ragioni contingenti; e che comunque la versione copta sia stata immediatamente preparata anch'essa.

Questione differente è quella delle opere che furono sicuramente tradotte in copto dal greco, con un'opera di traduzione che assegnamo a quest'epoca per motivi ovvii (p.es. le opere di Severo di Antiochia) ovvero perchá ci sembra che ad essa possano essere fatte risalire traduzioni di tipo storiografico, come la Historia ecclesiastica o le Pleroforie. Si deve poi tener conto del fatto che opere sicuramente precedenti, come la corrispondenza fra Shenute e Dioscoro, è probabile che siano state raccolte e fatte circolare in questo periodo.