Tito Orlandi
NUOVI FRAMMENTI DELLA HISTORIA ECCLESIASTICA COPTA.
Nel 1968-70 ho pubblicato il testo di una storia
ecclesiastica in lingua copta (Orlandi 1968-70) sui cui
avevano già attirato l'attenzione il Von Lemm (1888) ed il
Crum (1902), ma che era accessibile solo parzialmente in
pubblicazioni sparse. La mia edizione obbediva a due criteri
fondamentali: (1) accelerare quanto più fosse possibile la
pubblicazione di testi copti, la cui valorizzazione presso i
non specialisti è condizionata dalla loro accessibilità in
forma stampata (e con traduzione); (2) produrre un'edizione
critica ricostruendo un testo "originale" (per quanto
possibile) a partire da diversi manoscritti disponibili: in
questo caso vi erano frammenti da quattro manoscritti.
Il primo criterio, al quale si sono ispirate anche
numerose mie pubblicazioni successive, ha determinato presso
i recensori accoglienze che vanno dal benevolo
incoraggiamento a drastici (per fortuna pochi) giudizi
negativi. Ho menzionato ciò solo per sottolineare il fatto
che oggi una tale questione è superata dal progresso
tecnologico, che permette di porre il problema delle
edizioni di testi su un piano del tutto differente. Prima di
dare maggiori ragguagli, è però opportuno parlare anche del
secondo criterio, ed aggiungere una considerazione.
Quanto al secondo criterio, infatti, devo confessare
che, secondo il mio attuale parere, esso derivava da una
impostazione classicistica non ancora sufficientemente
temperata dall'esperienza con la tradizione manoscritta
copta. Mi sono dunque convinto che, salvo rare eccezioni,
ogni manoscritto copto rappresenta non un certo testo, con i
normali errori meccanici o lievi interventi di scribi più o
meno dotti, cui i filologi classici sono abituati; ma
rappresenta una redazione a sè, confrontabile con altre ma
non riconducibile per loro mezzo ad un archetipo, se non nei
concetti e non nella forma.
Osserverò poi che alcuni studi, miei e di altri, fatti
nel frattempo, mi hanno convinto della grande importanza del
testo di questa storia ecclesiastica, non perché possa
fornire dettagli storici ignoti, ma perché la sua
caratteristica lo rende uno strumento particolarmente adatto
a valutare la versione di alcuni fatti che si trova nelle
fonti più normalmente conosciute. Esso infatti è certo
derivato direttamente dalla memorie storiche che si
conservavano presso il patriarcato di Alessandria, e
rappresenta un'interpretazione coerente dei fatti, che viene
utilmente confrontata con quelle degli storici
"personalistici" che cercavano di unificare fonti di diversa
provenienza.
Purtroppo devo anche dire che, con pochissime
1
eccezioni, questa storia ecclesiastica copta non è affatto
entrata nell'orizzonte degli studiosi della storia del
periodo relativo. Peggio per loro; da parte mia credo sia
soprattutto questione che passi il tempo necessario per
digerire il fatto che anche un'opera in copto possa essere
consultata.
Mi sembra chiaro, dopo tutto ciò, che è nostra
intenzione riprendere questo testo (e del resto anche altri
pubblicati successivamente) per metterlo a disposizione
degli interessati sotto una forma nuova, in parecchi sensi.
Prima di tutto, ogni manoscritto verrà trattato a sè,
almeno in via preliminare. Il suo testo verrà memorizzato in
calcolatore, rispettando i canoni della cosiddetta
trascrizione diplomatica, sia pure con alcune
semplificazioni. Queste semplificazioni saranno dettate da
un lato dalle necessità del mezzo tecnico, tenendo presente
non tanto la memoria in sè, nella quale si può in realtà
codificare tutto, quanto il prodotto finale, che per ragioni
economiche è previsto uscire da una stampante ad aghi e non
da un foto-compositrice.
Altre semplificazioni, soprattutto nei riguardi della
precisione nel trascrivere i segni diacritici, saranno rese
possibili dal fatto che la trascrizione a stampa si prevede
sempre accompagnata da una riproduzione fotografica (su
microfiche). In tal modo il testo stampato sarà sempre
verificabile.
Si aggiunga che la memorizzazione del testo consente la
sua continua correzione, ove ci si accorga di errori o si
muti parere di fronte a certi problemi, e la facile
produzione di nuove edizioni ad intervalli ragionevoli di
tempo. Il lettore resterà naturalmente avvertito di una
certa provvisorietà del testo e della traduzione, cosa del
resto che è vera per tutte le edizioni di testi.
Detto ciò, in questo caso ci è sembrato opportuno dare
l'edizione "convenzionale" di alcuni frammenti identificati
recentemente, appartenenti ai due codici principali della
storia ecclesiastica, quasi come forma di passaggio ai
metodi più aggiornati. Essi completano quanto è fino ad oggi
conosciuto del suo testo.
2
TRASCRIZIONE DEL TESTO COPTO
Si tratta di:
- due fogli oggi conservati presso la P. Morgan Library di
New York, segnati M664b 13 e 14, appartenenti al codice
"MONF.HY" (= Crum 1902: A; Orlandi 1968-70: H).
- Un frammento oggi conservato presso la Cambridge
University Library, segnato OR 1699.R s.n. - Esso appartiene
al foglio M664b 13.
- Un frammento oggi conservato presso la Bodleian Library di
Oxford, segnato D 241, appartenente al codice "MONB.FY"
(Crum 1902: B; Orlandi 1968-70: V).
NOTA: I segni diacritici sono quelli usuali. Soltanto è
usato il segno: '=' per indicare uno spazio bianco nel
manoscritto. - Il testo è ricavato dalle fotografie, con le
incertezze che ciò comporta normalmente. In particolare
abbiamo tenuto conto della "sopralinea", ma non l'abbiamo
trascritta, sia perché spesso di incerta individuazione, sia
perché la riproduzione tipografica non è mai soddisfacente.
3
m664b.13r, col. i.
nai de afoyou[ nci
prro . hws eau[..
erof ebol hitm[ p]
noute . afkeleue
etre nepiskopos 5
swouh eePesos
nseyine etbe n
dogma etouaab :-
narCHepiskopos
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ouh euo ]nhouo
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poua mn ]nefpres 15
buteros m]n nef
diakonos] . mn
peklHros ]tHrf :-
auw aucw]yt hH
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. . . . . . . .
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torios de ]afkwry
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ou n]mmaf nkan 30
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4
m664b.13r, col. ii
afmeeue gar ehoun
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rwme ne nqe nna
pkosmos mponH
ros . nrefeire mpeu 5
kba . nterefei
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nos . nteunou af
hi tootf en nefcij
ehrai ejm parCH 10
episkopos kuril
los . mn henke e
piskopos nmmaf
afnojou ehoun eua
ho eaukaaf ebol ef 15
meh nsouo :-
parCHepiskopos
de peneiwt ku
rillos pejaf n
nesnHu je ou[ ne] 20
nai ettw[lm ha]
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ntoou ce aucomcm
eroou pejau je
peneiwt hnsouo 25 Qui integrato con Cul or 1699.r
ne . == afouwyb
nci phag[ios kuril]
los efj[w ]mmos
je fsm[am]aat nci
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Y nan m]pejro :-
tews[ gar n]tauotpen
ehou[n epHi ]mpejro :-
ntafr pai de nci
kanditianos ef 35
meeue je ere pke
seepe nnepiskopos
5
m664b.13v, col. i
nar hote nsepwt
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nqe n[hen]martu
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au ebol efr hote
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r[ou ]nci n[epi]sko
lacuna Qui Cul or 1699.r illeggibile
6
m664b.13v, col. ii
.....e]piskopos
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m664b.14r, col. i
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ne]qemelikH nhHtf .
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l]Hsia etootou n
n]etnaroeis eroou :-
au]cen oushime esn
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m664.14r, col. ii
bol an te hn tko[
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genos nnsarageno[s]
auw aukaas ebol
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ros ]de efnamou hn te
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et]be phagios timo
qe]os etrefywpe
nepiskopos epef 10
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ourwme nte pnou
te pe efmeh ebol
hm psooun mpnou
te . eountaf mmau 15
mpouwy ntpis
tis norqodoxos :-
auw nterefhmo
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ywpe narCHepis 20
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m664b.14v, col. i
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ps pe et]re ouo[n]
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je prefswnt n
nePu[sis ]nfh[....
pet[ n]tof[
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mof . j[e n]tof[ pet]
mour mptHrf[ . ]
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afbolou nci pha[gi]
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so ebol ntsunh[o]
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terios efoi.konomei
lacuna
verso, col. ii
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mmos je .pet
nahmoos .hi pa
qronos ou.ana
qema pe : 5
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afhupograPe
eptomos nCal
kHdwn . pai
ntafhupogra 10
Pe mmof nci
markianos p
lacuna
TRADUZIONE
M664b 13.
Recto, col. I. L'imperatore lesse questa (lettera) come se
provenisse da Dio. Ordinò che i vescovi si riunissero ad
Efeso ed indagassero circa i santi dogmi. Gli arcivescovi
. . . si riunirono in più di ... vescovi, ciascuno coi
suoi presbiteri e coi suoi diaconi e con tutto il clero. Ed
attesero Nestorio per molti giorni. . . . E Nestorio lo
pregò che mandasse con lui il comes Candidiano, affinché
vegliasse (che non gli accadesse qualcosa). Disse infatti:
Essi sono più numerosi di me. Potrebbero uccidermi.
Recto, col. II. Egli pensava infatti che i nostri padri
fossero come gli uomini di questo mondo malvagio, pronti a
fare vendetta. Candidiano, dopo che fu giunto, subito si
dette da fare per mettere le mani sull'arcivescovo Cirillo
ed altri vescovi che stavano con lui. Li cacciò in un
granaio abbandonato, pieno di grano. L'arcivescovo nostro
padre Cirillo disse ai fratelli: Che cosa è questa porcheria
13
sotto i nostri piedi? Ed essi la esaminarono e dissero:
Padre nostro, sono chicchi di grano. Rispose il santo
Cirillo dicendo: Sia benedetto Dio Padre, che ci dà la
vittoria. Ora infatti ci hanno chiuso nella casa della
vittoria. Candidiano aveva agito così pensando che gli altri
vescovi
Verso, col. I. avrebbero avuto paura e sarebbero fuggiti, ed
egli avrebbe avuto l'opportunità di accusarli. Non sapeva
che essi erano venuti a morire per la fede come dei martiri.
Ma dopo tre giorni, quando capì che quello che pensava non
era riuscito, li liberò per paura che l'imperatore lo
venisse a sapere. Tuttavia mise degli uomini sulle strade
dovunque, affinché nessuno dei loro uomini potesse
recapitare lettere a Costantinopoli. Questo fece Candidiano
[per paura che l'imperatore lo punisse per aver aiutatoé
l'empio Nestorio. Dopo che venne la domenica si levarono i
vescovi ...
Verso, col. II. ... i vescovi ... Nestorio non si riunì con
loro. Si consigliarono e decisero di mandare alla casa dove
abitava tre vescovi per chiamarlo alla synaxis. Ma egli non
[volle entrare.é Dopo che passarono la notte della domenica
. . . posero i quattro Vangeli in mezzo . . . cominciarono
. . . Cirillo aveva un segretario di nome Pietro ...
M664b 14.
Recto, col. I. ... cercarlo. Che avete a che fare con la
chiesa? Ma la folla gli saltò addosso lo picchiarono e lo
colpirono. Lo portarono in mezzo al Quadriportico Grande e
lo trascinarono fino a giungere ... lo posero ... gli
diedero fuoco ... raccolsero le sue ceneri e lo seppellirono
dove vengono seppellite le themeliké. Queste cose accaddero
a Proterio. Dopo che andarono per affidare i locali della
chiesa a chi li avrebbe custoditi, vi trovarono dentro una
donna
Recto, col. II. che non era originaria ... ma proveniva
dalla stirpe dei saraceni, e la lasciarono lì a finire.
Dioscoro, sul punto di morire in esilio, aveva raccomandato
che il santo Timoteo divenisse vescovo al suo posto. Egli
era un uomo di Dio, pieno della sapienza di Dio, che aveva
amore per la fede ortodossa. Dopo che sedette sul trono e
divenne arcivescovo di Alessandria, divenne imperatore Leone
dopo Marciano. Egli era (eretico), e mandò a dire al santo
Timoteo: Se vuoi restare sul tuo trono, (devi aderire al
sinodo di Calcedonia. E dopo che Timoteo rifiutò),
l'imperatore lo mandò in esilio e pose Pshoi come vescovo.
Quest'altro Timoteo ...
Verso, col. I. ... nel regno di Leone, e molta gente
comunicava con lui, perché sapevano che era ortodosso. Ma
molti non comunicavano con lui perché sedeva sul trono di
Timoteo mentre era ancora vivo. Pshoi del resto mandava a
14
Timoteo in esilio molti doni, riconoscendo: Tuo è il trono,
ed io sono sotto di te. Il santo Timoteo, stando
nell'esilio, compose 512 esegesi, scritte in due volumi.
Commentò molti versetti, spiegandoli opportunamente. Scrisse
anche ... al sinodo di Calcedonia, rivelando le loro
bestemmie. ...
Verso, col. II. Scrisse anche circa il sinodo di Calcedonia
dicendo: Dopo sette anni ciascuno dovrebbe riconoscere che è
impuro e malvagio come i canti delle prostitute impure.
Perché l'empio imperatore osò dire dell'uno indivisibile
Gesù Cristo che è in due nature, a volte dicendo che è Dio,
a volte che è uomo, pensando con ciò di dire una cosa molto
intelligente, mentre non sa che il creatore delle nature, da
cui dipende tutto, non è egli stesso legato ad alcuna
natura, perché è lui che lega il tutto, ciò che sta nei
cieli e ciò che sta sulla terra, mentre egli non è soggetto
ad alcuna natura nè legame. Questo spiegò Timoteo confutando
il malvagio sinodo di Calcedonia, dicendo:
Bodl. D 241.
Recto, col. I. Costui, dopo che torno' alla sua citta' di
Gerusalemme, gli si fece incontro la folla e lo fermarono.
Non permisero che entrasse in citta', dicendo: Hai tradito
Recto, col. II. Gerusalemme. Quelli che gli si erano
opposti, li uccise finche' divenne colpevole di molto sangue
umano. Dopo che entro' a Gerusalemme governo' in modo
tirannico
Verso, col. I. Il tomo ad Alessandria dicendo: colui che
sottoscrivera' per primo, egli siedera' sul trono e
diventera' arcivescovo. Era arcipresbitero un tale di nome
Proterio, che governava
Verso, col. II. Da solo dicendo: chi siedera' sul mio trono
sia anatematizzato. Egli dunque si affretto' a sottoscrivere
il tomo di Calcedonia, che aveva sottoscritto Marciano
COMMENTO
Come ho accennato sopra, questi frammenti completano
quanto conosciamo oggi del testo della storia ecclesiastica
copta. Ricorderò che, dopo la mia edizione, altri frammenti
sono stati pubblicati dal Johnson (1976); e rimane solo da
aggiungere che esiste anche un altro piccolo frammento
(Paris, Bibliothèque Nationale, Copte 161, f. 104) nel quale
si leggono però poche parole e non è possibile collocarlo in
alcun luogo, sebbene per motivi paleografici sia sicuro che
apparteneva al codice "MONB.FY".
Tutti i nuovi frammenti, sia quelli pubblicati qui
sopra, sia quelli pubblicati dal Johnson, riguardano il
periodo che va dall'episcopato di Cirillo alla fine della
15
storia (episcopato di Timoteo Eluro). Una parte di questo
periodo è coperta anche dalla redazione in arabo che lo
storico Severo di Ashmunein (X sec. d.C.) ha incluso nella
sua Storia dei Patriarchi (ed. Evetts 1907; cf. Orlandi
1968-70 II p. 76-77).
Il tutto fornisce un'idea abbastanza precisa di quanto
conteneva la parte finale della nostra storia ecclesiastica.
Sarà opportuno darne una sinossi:
Argomento MONB.HY MONB.FY Severo
-----------------------------------------------------------
Cirillo e Nestorio lacuna lacuna p. 432
Strasb. 24 436
Il concilio di Efeso Cairo 9242 437
M664b 13 + 438
CU.OR1699R.4 lacuna
lacuna 1 f. 440
Nestorio e Shenute CU.OR1699R.1 =
Calcedonia CU.OR1699R.2 P129.14.72 =
CU.OR1699R.3 Bodl. D 241 =
Timoteo Eluro M664b 14 P129.14.73 =
P129.14.98 lacuna 1 f. =
Fine del MS Fine del MS
-----------------------------------------------------------
Come si vede, i nuovi frammenti che abbiamo presentato
riempiono qualche lacuna nella parte finale della storia
ecclesiastica in copto, che può in tal modo essere
ricostruita quasi interamente, anche con l'aiuto del
testo parallelo offerto da Severo di Ashmunein.
Riteniamo utile a questo punto ripercorrere brevemente
la storia degli studi relativi al nostro testo. Penso che
vada dato al Von Lemm (1888) il merito di aver per primo
richiamato l'attenzione su di esso, e soprattutto sui suoi
rapporti con l'opera di Severo di Ashmunein. Ma a
quell'epoca era troppo scarsa, e soprattutto troppo poco
accessibile, la documentazione copta, perché egli si potesse
fare un'idea sufficientemente precisa della situazione.
Il Crum (1902), soprattutto in seguito alle sue
ricerche sui frammenti dei codici provenienti dal Monastero
Bianco, poté avere migliore conoscenza dei due manoscritti
principali che ci tramandano i frammenti della storia copta
(cioè MONB.HY = Crum "A"; MONB.FY = Crum "B"), e valutare
meglio i rapporti fra loro e Severo di Ashmunein. Ma
soprattutto egli vide che la storia copta offriva paralleli
anche con Eusebio di Cesarea. Senza entrare in dettagli,
quello che qui interessa è che egli ricavò dalla situazione
che aveva sott'occhio la conclusione che i due codici
contenevano una stessa opera, che era costituita dalla
traduzione "riadattata" di Eusebio, seguita da una
compilazione originale che giungeva all'epoca di Timoteo
Eluro.
E' a questo punto che si inserisce la mia edizione, che
16
nelle intenzioni (viste con l'occhio di oggi) si proponeva
di pubblicare la "seconda parte" della storia, da Pietro I
di Alessandria a Timoteo Eluro, offrendo un testo critico
ricavato da tutti i testimoni manoscritti allora a mia
conoscenza, e cioè i frammenti dei due codici sopra
menzionati (per MONB.HY solo i frammenti della "seconda
parte"), un excerptum ricavato da un'opera relativa a S.
Mercurio (British Library, OR6801, fol. 15-21) ed un
frammento da un altro codice (Wien Papyrussammlung K9620).
In effetti, secondo la mia visione di allora, si
sarebbe trattato della pubblicazione completa di una delle
due storie ecclesiastiche, che avevo creduto di riconoscere
nei due manoscritti, come indicavo soprattutto in uno studio
pubblicato contemporaneamente (Orlandi 1968):
"(probabilmente) si deve escludere che il Ms. A - ora
MONB.HY - ed il manoscritto B - ora MONB.FY - contenessero
un'opera identica" (p. 61), perché: "è del tutto improbabile
che i 32 fogli mancanti all'inizio del 'Ms. B' potessero
contenere ciò che era contenuto nei primi fogli del 'Ms. A'"
(p. 60-61).
L'errore, come credo ora sulla scorta delle critiche di
Brackmann (1974), derivava dal non tener conto del fatto che
il codice MONB.FY potesse rappresentare semplicemente un
"secondo volume" dell'opera contenuta interamente nel codice
MONB.HY. Questo derivava anche dal fatto che l'ultimo
"libro" della storia di MONB.HY era numerato come XII, e ciò
non concordava colla presunzione che la prima parte
contenesse il rifacimento dei 10 libri di Eusebio e che in
MONB.FY (dunque già nella seconda parte) si aveva l'inizio
del libro IX.
La soluzione, indicata da Brakmann (1974) (p. 139), è
invece semplice: è molto probabile che la prima parte fosse
il rifacimento non dell'Eusebio completo come l'abbiamo, ma
della prima versione in sette libri. Una divisione in
cinque libri (VIII-XII) è perfettamente plausibile per la
seconda parte.
Una prima discussione della mia pubblicazione fu opera
del Gribomont (1971): egli si preoccupò tuttavia soprattutto
del commento relativo ai rapporti fra la storia
ecclesiastica copta e Severo di Ashmunein. Lamentò
giustamente il fatto che avessi trascurato il miglior
manoscritto (pubblicato, sia pure senza traduzione, da
Seybold 1912) e corresse parecchie conclusioni tratte a
causa di tale premessa.
Come abbiamo ripetutamente accennato, chi pose su basi
solide il problema dei rapporti fra i due manoscritti copti
della storia fu il Brakmann (1974). Dopo di lui, Johnson
(1976) pubblicò tre frammenti ancora inediti, ribadendo le
conclusioni di Brakmann. Il Devos (1977) riassunse di nuovo
la questione nel suo complesso, correggendo inoltre alcuni
numeri di pagina del codice MONB.FY, errati nell'edizione.
Non c'è che da prenderne atto, ad eccezione delle
considerazioni a proposito di P129.14.73, dove si dà per
encroyable (p. 151) un eventuale errore di paginazione
dovuto allo scriba: 117-118 invece di 217-218. Si vede ben
17
altro nelle numerazioni dei codici copti, per cui non
pensiamo si debba dubitare dell'appartenenza del foglio a
MONB.FY.
Si deve purtroppo constatare che altri problemi assai
interessanti, riguardanti la redazione e il contenuto
storico del nostro testo, sono stati invece quasi del tutto
trascurati, dal momento che il mio commento all'edizione è
lontano dall'essere esauriente, e intendeva dare solo un
primo avvio alla ricerca. Indicherò qui alcuni di questi
problemi, con la mia attuale opinione in merito.
Utilizzazione di Eusebio: Purtroppo la prima parte
dell'opera, nella quale appunto Eusebio appare la fonte
principale, è anche la più lacunosa. Si nota tuttavia
l'inserzione di notizie su Mani, che mancano in Eusebio; un
"rovesciamento" nel testo (sequenza: VII 32,3 - 30,22 -
32,5-9); molte varianti minori. E' possibile da un lato
riconoscere possibilmente antiche varianti nel testo greco
stesso; dall'altro farsi un'idea del lavoro del redattore
copto. - Altra questione interessante: il redattore della
storia ecclesiastica "copta" (si ricordi tuttavia che
tendiamo a postulare una prima redazione in greco, sempre
nell'ambito della Chiesa "copta") si è servito quasi
sicuramente dei soli primi sette libri di Eusebio. E'
possibile trovare qui una testimonianza della diffusione
della prima versione dell'opera.
Fonti della seconda parte. Desieriamo richiamare
l'attenzione sulla speciale qualità di alcune delle fonti
che sono alla base della nostra storia ecclesiastica per il
periodo fra Pietro I e Timoteo II. Per la vita ed il
martirio di Pietro I le fonti presentano una connessione
abbastanza evidente con alcuni testi che sono periferici
rispetto alla più autorevole tradizione di storia
ecclesiastica del IV secolo: ci riferiamo all'excerptum
Veronense (per cui cf. soprattutto Kettler 1936 e Telfer
1955) e alla Passio Petri Alexandrini nelle sue varie
redazioni, ivi compresa la traduzione latina di Guarimpoto
(Devos 1958) con ampliamenti desunti da altri testi (sul
problema in generale Orlandi 1974,2). Queste fonti sono
particolari soprattutto in quanto presentano una versione
degli inizi della controversia meliziana diversa da quella
divenuta poi comune; e perché parlano di rapporti fra
Melizio e Ario assai prima dell'inizio "ufficiale" della
questione ariana.
Per la parte riguardante il Concilio di Nicea e
avvenimenti subito successivi, la storia copta appare in
relazione con altri documenti "minori" (ma non
disprezzabili), come la Passio Metrophanis et Alexandri la
Vita anonima copta di Atanasio (Orlandi 1968,2) e un Encomio
di Atanasio di Costantino di Siout (VII sec.; Orlandi 1974).
Si notano soprattutto i rapporti fra Alessandro di
Costantinopoli e Alessandro di Alessandria, ed una storia
particolare a proposito della morte di Ario.
Per la parte riguardante il periodo di Atanasio, si
notano ancora paralleli con la Vita anonima copta; e poi con
i testi relativi alla leggenda di S. Mercurio (cf. Orlandi
18
1968), e alla traslazione delle ossa di Giovanni Battista ed
Eliseo Profeta (cf. Orlandi 1968,3).
La parte successiva, fino al concilio di Efeso incluso,
è in un certo senso meno interessante, perché più scontata
nel taglio interpretativo e nelle fonti. Quello che in
sostanza volevamo sottolineare è il fatto che quelle fonti
minori che abbiamo elencato rimandano tutte all'ambiente
alessandrino, e ci fanno ritenere che la storia copta sia
stata appunto redatta a partire da "memorie" particolarmente
legate all'ambiente del patriarcato di Alessandria.
Dalla fine del concilio di Efeso a Timoteo Eluro (fine
della storia) il problema delle fonti diventa invece
interessante, e si intreccia con quello della redazione. Si
nota infatti che Severo di Ashmunein non conosce questa
parte della storia, ed anzi a questo punto pone una
sconsolata annotazione circa la mancanza di documenti
(Evetts 1907, p. 444) e può scrivere solo poche righe su
Dioscoro e su Timoteo.
Nella storia copta invece troviamo: i rapporti fra
Shenute e Nestorio; notizie sul concilio di Calcedonia, che
si riferiscono soprattutto a Giovenale di Gerusalemme (cf.
le "Memorie di Dioscoro": Johnson 1980); la morte di
Proterio; i due Timotei. E' probabile che tutta questa parte
rappresenti un'aggiunta lievemente posteriore alla prima
redazione dell'opera.
Si comprende da ciò che, circa l'epoca della redazione,
non vi è un vero e proprio riferimento obiettivo costituito
dalla fine della storia; e tuttavia anche la "prima
redazione" non può essere collocata prima di Calcedonia.
Essa era però, probabilmente, assai più "alessandrina" della
seconda redazione, che sospettiamo coincida con la
traduzione in copto.
Il problema si innesta qui infatti con quello della
lingua originale. Vorremmo premettere che i nostri studi di
letteratura copta ci hanno condotto ad individuare un
periodo in cui in seno alla Chiesa egiziana (che stava
divenendo espressamente "copta") si sono prodotti testi
storico-polemici gravitanti intorno alle controversie
calcedonensi. Tale periodo coincide appunto con quello
intorno a Timoteo Eluro ed in questo quadro va probabilmente
posta la redazione della storia ecclesiastica. In questo
periodo sembra si sia scritto sia in greco sia in copto, ed
è sempre difficile distinguere. Lo stesso vale per il nostro
testo, del quale tuttavia, dopo quanto si è detto, è
possibile postulare una redazione greca fatta forse in
Alessandria quando i tempi ancora lo permettevano; ed una
traduzione copta (con un'aggiunta, e forse qualche
revisione) fatta poco più tardi, probabilmente presso il
Monastero Bianco, vista l'inserzione dell'episodio relativo
a Shenute, unica sua menzione in un testo di storia
ecclesiastica.
Rapporti fra i manoscritti copti e Severo. Una recente
riconsiderazione dei due manoscritti copti principali
(MONB.FY e MONB.HY) ci ha mostrato che fra essi esistono
anche quelle varianti tipiche della tradizione manoscritta
19
copta, che segnalano piccoli interventi redazionali che
scribi dotti si ritenevano probabilmente autorizzati a fare
su quasi tutti i testi (salvo, come sembra, il testo biblico
- che in questo periodo è già standardizzato! - e forse
quello di Shenute). Dunque occorre cautela nello stabilire
un eventuale "testo critico", ed anche nei confronti con
Eusebio e con Severo, soprattutto nei passi in cui si
disponga di un solo codice copto. Quanto a Severo, in
particolare, siamo personalmente ancora lontani dal poter
fare dei confronti attendibili; ma crediamo di poter
accennare alla possibilità che Severo si basasse su una
redazione un po' differente da quella dei nostri codici
copti, e forse sull'originale greco.
BIBLIOGRAFIA.
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20
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